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Villa Velo

Villa Velo e la colonna egizia: espressione e sintesi del simbolismo fogazzariano.

Villa Velo

Di proprietà dei Velo, potente casata di origine nordica cui era stato affidato il feudo ancora in età medievale, l’antica presenza della villa è testimoniata in una mappa acquerellata datata 1673, come casa domenicale del conte Scipione Vello, del ramo vicentino di Contrà Carpagnon. Un radicale intervento architettonico, datato 1752, le conferisce l’aspetto ancor oggi apprezzabile sul promontorio appena sopra il centro abitato di Velo d’Astico e di fronte al colle su cui si trova la settecentesca chiesa parrocchiale dei Santi Martino e Giorgio. Da lui stesso conosciuta e frequentata, Fogazzaro, nel suo romanzo la trasforma in Villa Cortis. I principali corpi di fabbrica e spazi sono: la Cappella del Redentore, eretta all’inizio del ’700, a pianta quadrata con vertici smussati e porta d’ingresso con un piccolo ma caratteristico frontale curvilineo, e, all’interno, con un interessante altare barocco; il portale bugnato, sopra cui si trova la guardiola cui si accede tramite una scaletta che sale dal giardino segreto posto a mezzogiorno; il Palazzo, eretto spianando la collinetta di fronte al preesistente edificio a tre piani, coperto da tetto a padiglione e dall’aspetto massiccio; l’ala settecentesca, addossata da un lato al palazzo e dall’altro al porticato rustico, lunga 43 metri, presenta al centro un’ampia e solenne scala,  e ospita le sale di ricevimento, con quella centrale interamente frescata con scene dell’epopea napoleonica; il giardino (3.400 mq di superficie) copre l’area a sud del palazzo ed è cinto da robuste mura, e presenta un laghetto in miniatura perfettamente ovale con al centro una statua di Nettuno che soffia uno zampillo d’acqua verso l’alto. Esistono poi la parte rustica, con la grande torre colombara, l’ampio porticato e la casa del fattore, il parco (un bosco di 83.000 mq di faggi, pini, abeti, larici, carpini, castani e ontani) e il laghetto, detto “della peschiera”.  Di particolare rilievo, infine, la colonna egizia, una colonna di marmo spezzata che, nel “Daniele Cortis” diventa simbolo della passione azzurra, che per il Fogazzaro, è un sentimento da vivere in forma del tutto trascendente, ideale, senza la dimensione fisica e terrena.

“Si ascende per di là ad un quieto seno aperto del colle, e quindi, fra gli alberi, al piano erboso dove una colonna di marmo antico, portata dalle terme di Caracalla in quest’altra solitudine, reca sulla base due mani in rilievo che si stringono e le seguenti parole: HYEME ET AESTATE / ET PROPE ET PROCUL / USQUE DUM VIVAM ET ULTRA” (D’invero e d’estate/da vicino e da lontano/finché io viva e più in là).

Fonte: “InCanti fogazzariani”, Giovanni Matteo Filosofo, Editrice Veneta, Vicenza, 2011.

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Indirizzo: Via Igino Scarpa, Velo d’Astico
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