Le coltivazioni tipiche di queste valli erano frumento, formenton (grano saraceno, si seminava in estate e si raccoglieva in ottobre), patate (solo a partire dall’inizio del XIX), viti e fagioli (le specie più rinomate e tipiche sono lo Scalda e il fagiolo di Spagna Rosso, detta anche fasòla). L’agricoltura praticata era principalmente di sussistenza e il terreno coltivabile veniva con pazienza e fatica strappato alla montagna con la costruzione delle terrazze che servivano per diminuire la pendenza dei fianchi e rendere possibile la semina. Premessa al terrazzamento era il lavoro di taglio del bosco, della sterpaglia e della pulizia dai sassi (questo procedimento era detto roncare). Solo una volta conquistato del terreno da arativo attraverso quest’operazione, veniva costruita la masiéra, cioè il muretto a secco contenitivo, per ottenere la vanéda che andava coltivata a debita distanza dall’argine per evitare che le radici delle semine disgregassero il muretto. La lavorazione delle vanède veniva fatta quasi esclusivamente a mano, come la concimazione con il letame (detto grassa) e l’operazione con cui si caricava il terriccio per ridistribuirlo in alto dopo piogge fitte che portavano la terra a traboccare e scendere verso valle: il terassare. Oggi il bosco si è ripreso quegli spazi che a fatica gli abitanti di un tempo avevano guadagnato dai pendii, spingendosi in alcuni punti fino a raggiungere con i terrazzamenti quote intorno ai 900 m. Solo in inverno, quando il bosco che si è ripreso il suo antico spazio si spoglia e cade la neve, la fitta trama di terrazze che disegnavano il territorio ricompare e svela le fatiche dei valligiani che abitavano questi luoghi, oggi quasi completamente abbandonati da insediamenti stabili.
Fonte: Tra le contrade di Laghi, L.Carollo-M.Berta-O.Oliviero, 2007.
