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Lastebasse, Mondo rurale, storia di Confine

Lastebasse e la montagna delle Laste, terra di confine e teatro di antiche dispute tra Veneto e Trentino per l’utilizzo degli splendidi boschi.

Lastebasse, Mondo rurale, storia di Confine

Da dove nasce il nome di questo paese e chi sono i lastarolli? Nel suo “Storie di Confine”, Tarciso Bellò sostiene che l’unico nome per l’area montuosa compresa tra Costa d’Agra, Valle Orsara, Campomolon, Passo della Vena e Valle Lozza potesse essere le Laste, dove “lasta” significa “lastrone di roccia” e da cui nasce il fiume Astico, ossia il fiume delle Laste, il quale scorre e le circonda come in un abbraccio. Caldogno, provveditore ai confini di Vicenza, nel 1600 così le descrive: “la…Montagna…delle Laste…si divide in due parti: – le Laste di Sotto, che al piede sono bagnate dall’Astico… – le Laste di Sopra, la qual sul capo d’ogni intorno sono minacciate da più monti…[Toraro e Monte Maggio].” Vista la ricchezza dei boschi, da sempre il territorio montano fu conteso e oggetto di dispute che durarono secoli interi. Nel settembre 1605 ci fu la storica “sentenza roveretana”, che decise lo spostamento dei confini, confermò le Laste Alte a Vicenza, diede a Folgaria le Laste Basse e il territorio chiamato delle “sette montagne” e riconobbe a Venezia la sovranità sulle montagne vicentine. Ma mentre Lastebasse nel 1612 si ergeva a comune veneto autonomo da Folgaria, quest’ultima minava la facoltà di fruire dei boschi, dei prati e dei pascoli dei Lastarolli, causandone un impoverimento progressivo e preoccupante, tanto da costringere la Serenissima a soccorrerli: i Lastarolli, affrancati sotto l’aspetto civile, non riescono a raggiungere lo stesso risultato sotto l’aspetto economico-sociale. Tra il 1750 e il 1754 si tenne il “secondo convegno di Rovereto” tra la Serenissima e il Sacro Romano Impero indetto per porre fine alle liti territoriali tra i Lastarolli e gli abitanti della vicina Folgara: l’esito fu che nel 1752 ai Lastarolli fu imposto di abbandonare il paese e di scendere a valle, le loro case furono distrutte e gli esodati furono ospitati dalle famiglie delle frazioni Busatti, Giaconi, Snideri e Posta, in attesa che le “Case Nove” fossero costruite a spese della Repubblica di Venezia nella posizione dove oggi si trova il paese. La frazione Giaconi, il cui nome deriva dal cognome delle prime famiglie che vi si insediarono, i Giacon, sicuramente attirati dalla preziosa e abbondante presenza dell’acqua, che nelle vicinanze vede la confluenza della Val Civetta e della sua cascata con l’Astico, nonché alcune sorgenti che scaturiscono ai piedi dell’abitato. Gli abitanti sfruttarono questo elemento a dovere e sorsero un paio di mulini azionati dall’acqua della Civetta e una fucina con maglio azionata da quella dell’Astico. Riporta il Maccà: “…una ruota di mulini, una sega da legname e un maglio da ferro”. L’acqua che scende dalla Val Civetta con la sua rigogliosa e prorompente cascata passa sotto un artistico ponte a volta in pietra lavorata a mano dagli scalpelli di sapienti artigiani locali. Anche i Busatti, sviluppatesi nel tratto più angusto dell’Astico, sorsero per sfruttare l’abbondanza di acqua, visto che il fiume in quel punto non va mai in secca ed esistono molte sorgenti. Anche qui sorsero due mulini e una fucina con maglio. Di queste strutture non rimangono che poche tracce, tranne per un mulino dei Giaconi che fu trasformato in centralina idroelettrica: questa nell’epoca fra le due guerre mondiali, produceva e forniva per l’illuminazione domestica e pubblica alle vicine contrade.

 

Fonti: I Lastarolli, Lorenzo Munari, La Serenissima, 2002.

Storie di confine, Tarciso Bellò, La Serenissima, 2006.

I nomi parlano, Alberto Baldessari, Publistampa Arti Grafiche, 2004.

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Indirizzo: Via Roma, Lastebasse
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