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Laghi, mondo rurale e Grande Guerra

La valle di Laghi: la storia, le tradizioni e gli esempi di una comunità rurale e pre-industriale

Laghi, mondo rurale e Grande Guerra

Le prime testimonianze di insediamenti stabili in valle, sparsi in nuclei originari dove ancora oggi si riconoscono le contrade, risalgono all’XI sec., periodo in cui iniziano ad arrivare famiglie cimbre di boscaioli, minatori, ecc. che influenzano la toponomastica dei luoghi che assume un’impronta, appunto, germanica. Nel medioevo iniziano i primi terrazzamenti, che servono per ricavare un’agricoltura di sussistenza dagli aspri terreni ai fianchi dei pendii. La dura vita delle genti di Laghi è resa complicata dalle continue guerre per il controllo del confine, dai passaggi di dominio e dalle lotte con le comunità vicine per la spartizione di boschi e pascoli, beni di importanza vitale per la sopravvivenza a quei tempi. Arrivano poi la Prima Guerra Mondiale che vede l’occupazione austriaca per i due anni dal 1916 al 1918 delle contrade di Lorenzi, Molini e Vanzi e la tragica pagina dei profughi. Sopra contrada Molini esisteva un ospedaletto da campo austroungarico e nelle terrazze un piccolo cimitero che fino al 1928 ospitò 48 salme di soldati austriaci, poi trasferiti nel cimitero di Santissima Trinità a Schio. (foto)

Nei decenni successivi si tenta la difficile ricostruzione, ma seguono le nuove distruzioni della Seconda guerra Mondiale con le lotte partigiane quando questa valle diventa “zona libera”. Infine l’industrializzazione degli anni ’60 segna il definitivo spopolamento della valle e la fine di una secolare civiltà montanara, con l’abbandono delle contrade e delle terrazze. Rimangono alcune interessanti testimonianze legate alle attività tipiche di un’economia rurale e alle abitudini di vita delle popolazioni montane.

La carbonaia dei Lissa, proprietari della Contrà Tretti, un evidente spiazzo a quota 770 m. (piassa da carbon), di 6,3 metri di diametro, sostenuto a valle dai resti di un muretto a secco dove il carbonaio, attorno ad un palo di legna centrale preparava la catasta di legno coperta da terriccio che avrebbe bruciato per giorni.

La calcàra de’ a Gusela a q.640, una delle più grosse della zona, dove si produceva calce viva dalla cottura di quintali di sassi. In pratica si trattava di un buco rotondo, murato a botte con due fori, uno per la legna e l’altro per estrarre la cenere via via che la legna bruciava: il forno della calcara raggiungeva fino gli 800°.

Contrà Molini: ricca d’acqua che dava movimento alle ruote di tre molini e agli ingegnosi ingranaggi che azionavano le teleferiche, fondamentali per il trasporto di materiali e di letame che serviva da concime ai terrazzamenti. L’acqua veniva catturata a monte e portata nel punto desiderato per azionare le pale con delle apposite canaléte, dette sìtole se coperte.

Il casèlo di Contrada Molini era un caseificio turnario dove i soci-allevatori conferivano il latte e producevano a turni il formaggio.

La vecchia segheria dei Rosin (q.575), in funzione fin dall’epoca napoleonica, prestava servizi per tutte le contrade dei dintorni e rimase attiva fino agli ultimi decenni del ‘900. Negli ultimi anni di attività la pala fu sostituita da una più efficiente turbina. Nel locale soprastante la sega esisteva un laboratorio di falegnameria in cui alcune macchine erano movimentate dalla forza che azionava anche la sega.

Le tèda de Andolòn, tezza di mezza montagna sopra Contrà Menara, era utilizzata dai valligiani e serviva d’estate come area da coltivo e da fieno; veniva poi utilizzata in autunno durante la sosta per ritardare il rientro definitivo dalla stagione monticatoria, al fine di salvaguardare le scorte di fieno in valle.

 

Fonte: Tra le contrade di Laghi, L.Carollo-M.Berta-O.Oliviero, 2007

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Indirizzo: 45.83075135228695, 11.257386288489599
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